L’uso improprio di marchi da parte dei concorrenti attraverso keyword confusorie rappresenta una minaccia concreta e crescente per le aziende. Questa pratica, nota anche come “keyword advertising”, implica l’uso di parole chiave ingannevoli per attrarre utenti verso siti concorrenti, spesso sfruttando la notorietà del marchio danneggiato. Ma cosa può fare un’azienda che si trova in questa situazione? Quali azioni legali è possibile intraprendere per proteggere la propria identità e reputazione online? Vediamo insieme le risposte.
Cos’è una Keyword Confusoria?
Le keyword confusorie sono parole chiave utilizzate per generare traffico web attraverso l’inganno. In pratica, un concorrente utilizza il nome o il marchio di un’altra azienda per indirizzare gli utenti verso il proprio sito web, con l’intento di catturare clienti che, altrimenti, si sarebbero rivolti al titolare del marchio originale.
Le piattaforme di advertising come Google Ads consentono di acquistare parole chiave per promuovere i propri servizi o prodotti, ed è in questo ambito che possono verificarsi abusi. Una strategia ingannevole di questo tipo può configurare violazione del diritto di marchio, concorrenza sleale e, in alcuni casi, pratiche commerciali scorrette.
Azioni legali a tutela del marchio
1. Violazione del Diritto di Marchio
Secondo la normativa italiana e quella europea (come il Regolamento (UE) n. 2017/1001), il titolare di un marchio registrato ha il diritto esclusivo di utilizzare quel marchio per contraddistinguere i propri prodotti o servizi. Qualora un concorrente utilizzi il marchio per promuovere i propri prodotti, si può configurare una violazione di marchio. In questo caso, le azioni legali perseguibili includono:
- Diffida: Una lettera formale indirizzata all’azienda concorrente, in cui si richiede l’immediata cessazione dell’uso del marchio come keyword.
- Azione civile per contraffazione: È possibile presentare una causa civile per ottenere un’ingiunzione che impedisca l’uso del marchio e richiedere un risarcimento danni.
2. Concorrenza Sleale
L’uso di keyword confusorie può anche costituire concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 del Codice Civile, che vieta atti ingannevoli volti a sottrarre clienti ad un concorrente. Le azioni possibili includono:
- Azione di cessazione: Richiesta di cessazione immediata delle attività ingannevoli e l’eliminazione di tutte le keyword confusorie.
- Richiesta di risarcimento danni: Dimostrando la perdita economica derivante da questo comportamento, è possibile ottenere un risarcimento per i danni subiti.
3. Richiesta di Intervento alla Piattaforma
In alcuni casi, la semplice richiesta diretta al fornitore del servizio di advertising, come Google Ads, può risolvere la questione. Molte piattaforme dispongono di procedure per rimuovere le keyword che violano il marchio altrui. In particolare:
- Segnalazione di violazione: È possibile inoltrare una segnalazione attraverso gli strumenti di tutela del marchio offerti dalla piattaforma. Google, ad esempio, verifica i casi di violazione dei diritti di marchio e può procedere con la rimozione delle keyword confusorie.
4. Tutela dei Consumatori e Pratiche Commerciali Scorrette
Se le keyword confusorie causano una significativa confusione tra i consumatori, portandoli a credere erroneamente di interagire con il marchio originale, potrebbe esserci violazione del Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005). In tal caso, è possibile presentare un reclamo alle autorità competenti, come l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che potrebbe infliggere sanzioni al concorrente responsabile.
La Prova del Danno e la Documentazione Necessaria
Per agire in sede giudiziaria, è fondamentale raccogliere prove tangibili della violazione. Ad esempio:
- Screenshot degli annunci pubblicitari confusori
- Digital forensics per acquisizione delle prove online
- Rapporti di Google Analytics o altri strumenti di analisi che mostrino l’impatto della perdita di traffico e la deviazione verso il sito concorrente.
- Registri di spesa pubblicitaria per dimostrare un eventuale incremento di spese pubblicitarie derivante dalla concorrenza sleale.
Conclusione
La concorrenza online è spietata e l’uso improprio delle keyword può avere conseguenze negative sia in termini economici che reputazionali per un’azienda. Se ritieni che il tuo marchio sia stato usato per creare keyword confusorie, agire tempestivamente è cruciale per limitare i danni. Rivolgerti a un professionista esperto in diritto del web e cybercrime è la soluzione ideale per valutare la strategia di tutela più efficace e ottenere il risarcimento dei danni subiti.
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Si precisa che le consulenze non vengono rese gratuitamente ma solo dopo accettazione di preventivo scritto che verrà inviato previa descrizione del caso sottoposto